Blog > Ricercatori

Antonio Pusceddu

Bruno e Lorenzo nella coltre di nebbia cercano di farsi largo per raggiungere l’abitazione e l’azienda di famiglia. L’ambiente attorno a loro è desolato.

Il giorno del giudizio ha le ore contate.

L’orologio del giorno del giudizio segna 100 secondi alla fine del mondo. Non è un profezia biblica. Ma un allarme imminente lanciato a inizio 2020 dal gruppo di scienziati del Doomsday Clock, un orologio metaforico che misura il tempo a disposizione dell’uomo sul pianeta. Quando il cosiddetto “Doomsday Clock” venne creato nel 1947, i maggiori pericoli per il mondo riguardavano la minaccia nucleare. Ma a partire dal 2007 gli scienziati hanno iniziato a considerare il cambiamento climatico fra i possibili motivi di catastrofe per il pianeta.

Gli scenari del cortometraggio questo pericolo lo raccontano con enfasi. Eppure nonostante l’intento di accentuare il rischio e le sue conseguenze, rimane un fondo di verità: il cambiamento climatico è in atto e i rischi che si celano influenzeranno radicalmente il modo in cui vivremo. Il racconto sulla scarsità delle risorse, idriche e alimentari, sull’inquinamento e lo spopolamento di zone specifiche del mondo restituisce una narrazione molto vicina alla realtà, che poco si discosta da quanto sta già accadendo in alcune parti del mondo.

Le catastrofi, tutto nella norma.

Assistiamo periodicamente alla distruzione causata da maremoti, uragani e incendi. Considerati oggi come eccezionali, domani invece potrebbero essere fenomeni consueti, nella norma, a tal punto da ridefinire più in generale le possibilità stesse di vita sulla terra. La struttura delle città potrebbe modificarsi. Piogge intense e improvvise potrebbero causare la scomparsa di grandi porzioni di terre emerse. E l’inquinamento dell’aria attraverso le piogge, come sta già accadendo, continuerà a riversarsi nelle falde acquifere del terreno e negli oceani, creando grandi scompensi nella vita delle specie viventi vegetali e animali.

L’era della (dis)umanità.

Lo scenario drammatico che racconta la prima puntata di The Shifters dice molto intorno al ruolo dell’uomo, alla sua influenza nello scatenarsi di certe dinamiche, nell’arco di soli due secoli circa. L’uomo è stato in grado di alterare velocemente questi equilibri, a partire dall’industrializzazione.
Le emissioni di anidride carbonica, lo sfruttamento sconsiderato delle risorse naturali e l’abbandono di rifiuti nocivi nell’ambiente hanno caratterizzato anche linguisticamente il peso delle azioni umane: Antropocene è il nome dell’epoca che stiamo vivendo. Perfino gli antri più bui degli oceani portano con sé il marchio delle azioni umane: residui di plastica ritrovati a 11 chilometri di profondità, nella Fossa delle
Marianne.

È un effetto domino quello causato dall’impatto delle attività dell’uomo sull’ambiente, analogo al cosiddetto effetto farfalla che i fisici negli anni 60 utilizzarono per descrivere la teoria del caos, attraverso modelli fisico matematici. Una teoria poeticamente sintetizzata nell’espressione: “può bastare il battito d’ali di una farfalla in Brasile per provocare un uragano in Texas”. Ovvero, in altri termini e fuor di metafora, in un sistema complesso, una piccola variazione nelle condizioni iniziali può avere enormi conseguenze.

E nel sistema complesso ambiente il comportamento dell’uomo si è reso responsabile della perdita di equilibrio fra i vari componenti della biosfera. L’equilibrio tuttavia può essere ricostruito. Come dimostra, inoltre, la metafora del Doomsdey Clock, le lancette di questo orologio simbolico che separa l’umanità dalla fine del mondo scandiscono il tempo in maniera non lineare. Possono avanzare drasticamente in seguito all’inerzia politica degli Stati in tema di ambiente e sostenibilità, ma possono anche retrocedere sulla base di azioni virtuose, come insegnano gli accordi di Kyoto e Parigi che hanno visto un’assunzione di responsabilità politiche collettive da parte dei governi del mondo.

Un passo indietro, mille avanti.

Per questo, il tempo che ci separa dalla catastrofe ambientale potrà dilatarsi solo a patto che i decisori politici, i governi e le società civili mettano in atto atteggiamenti responsabili, votati alla salvaguardia del pianeta. E siccome i fisici della teoria del caos insegnano che le piccole variazioni in un sistema complesso possono avere enormi conseguenze, allora sarà importante promuovere azioni virtuose, in grado di modificare radicalmente la rotta verso il miglioramento.

Scopri di più su The Shifters

Maria Chiara Di Guardo – Prorettore all’innovazione e al territorio, Micaela Morelli - Prorettore alla ricerca e Roberta Vanni – Direttore del CESAR raccontano le dinamiche che hanno condotto alla realizzazione di un progetto crossmediale sulla terza missione dell’Università degli Studi di Cagliari.

Guarda il trailer di progetto

C'è sempre qualcosa di affascinante dietro al cambiamento. Un percorso a ostacoli che parla del nostro futuro. Raccontarlo al mondo è la nostra missione.

The Shifters

Raccontare la ricerca: la nostra missione.

Potrebbe interessarti anche

The Shifters: changing, a UniCa mission.
Science: the taste of discovery.
Sviluppo sostenibile: il ruolo di The Shifters nella strategia comunitaria.
The Shifters: una missione UniCa. Cambiare.
La scienza: il gusto della scoperta.
Una storia piena di colpi di scienza.
Perché un progetto di Terza missione.

Interessante?

Condividi questo articolo con i tuoi amici!