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MARIA ANTONIETTA DE LUCA
Cervelli “disconnessi”: dalle droghe ai disturbi comportamentali. Le dipendenze sospendono la volontà e alterano i processi decisionali
Un complicato gioco di equilibri
La via del piacere attraversa tre regioni cerebrali. A partire dal mesencefalo, dove hanno sede le funzioni fondamentali per la sopravvivenza dell’individuo. Il viaggio prosegue attraverso il sistema limbico. Qui hanno sede la memoria e le principali emozioni, un movente per i comportamenti futuri. E l’ultimo avallo, la conferma della ammissibilità di certe azioni e atteggiamenti è l’area corticale del cervello a darla. La corteccia valuta premi e punizioni. Inibisce o favorisce il comportamento attivato dalle emozioni, in un complicato gioco di equilibri.
Cosa accadrebbe se le tre parti del cervello coinvolte nei circuiti del piacere smettessero di comunicare fra di loro a causa dello tsunami innescato dalle dipendenze? Il cervello privato del rapporto con le emozioni non sarebbe più in grado di assumere alcuna decisione razionale, in prospettiva, in riferimento al presente e neppure rispetto al futuro. E il modo di fare del soggetto cambierebbe radicalmente.
Disconnessione “cerebrale” e irrazionalità
La sollecitazione continua di questi circuiti, responsabili del piacere, causa nel soggetto dipendente una perdita di sensibilità nei confronti delle gioie della vita. Così la ricerca della sostanza o del comportamento appagante diventa spasmodica. Ma la corteccia non è più in grado di controllare le aree sottocorticali, le strutture animalesche dell’uomo. Allora il craving, quel desiderio irrefrenabile, incontra scarsa opposizione da parte di una corteccia ormai desensibilizzata, “disconnessa” a causa di quel bombardamento.
E così impulsività e irrazionalità prendono il sopravvento. In altre parole, impediscono al soggetto di soppesare le conseguenze sociali e comportamentali delle proprie azioni. Questo accade nelle persone con danni funzionali o anatomici alla corteccia prefrontale. I motivi possono essere molteplici. Per esempio, dovuti all’insorgenza di patologie vascolari, interventi chirurgici o all’uso e abuso di sostanze.
Coscienza, volontà e libertà
In ogni caso quando l’amigdala, che è la sede delle emozioni, non è più in contatto con la corteccia prefrontale, impulsività e irrazionalità spadroneggiano: impediscono la pianificazione di un comportamento complesso, ostacolano la presa in carico di decisioni coerenti e la scelta consapevole di comportamenti sociali adeguati.
Le ricadute sono notevoli. Le modificazioni cerebrali causate dalle dipendenze sono spesso irreversibili. Compromettono quindi la volontà e l’autonomia decisionale. E richiamano a una perdita di libertà, carica di conseguenze nocive per l’individuo. Sul piano della salute. Ma soprattutto sul fronte relazionale, lavorativo e sociale. La sospensione della volontà impedisce alla persona di assumere la maternità delle proprie azioni. E per questo come patologia cronica recidivante la dipendenza sottopone il soggetto al confronto perenne con una condizione che richiama una dolorosissima perdita delle libertà personali, con conseguenze importanti per l’intero tessuto sociale.
I danni nei giovanissimi
Sono pervasivi i danni causati dalle sostanze d’abuso (o dai disturbi comportamentali) nei cervelli in fase di sviluppo. Gli effetti non sono innocui neppure sugli adulti. Infatti, ogni sostanza d’abuso comporta effetti collaterali specifici. Nessuna esclusa: dalla nicotina al Thc, dalla cocaina all’eroina, fino all’alcol e alle nuove sostanze psicoattive. Tutte sono in grado di danneggiare i circuiti cerebrali. Lo stesso discorso è valido per l’insorgenza dei disturbi comportamentali, legati alle dipendenze da internet, videogiochi, sesso e cibo. Si pensi ad esempio ai disturbi ossessivo compulsivi, o ai disturbi alimentari che mettono a rischio la sopravvivenza della persona. Le conseguenze più gravi si rilevano in particolare nei cervelli dei più giovani, vulnerabili perché in fase di sviluppo fino ai venticinque anni, l’età in cui si definisce la crescita dell’area corticale, responsabile della parte riflessiva e ponderata delle nostre azioni.
L’adolescenza, d’altra parte, rappresenta di per sé un momento delicato. È il passaggio tra l’infanzia e l’età adulta. Una fase della vita in cui l’adolescente è alla ricerca di sé, attraverso lo scontro con l’adulto. Abbandona quindi l’ambiente familiare che fino ad allora l’ha protetto. E in questo passaggio si espone a innumerevoli rischi.
Infatti, la corteccia prefrontale dell’adolescente è ancora immatura, perché in fase di crescita e sviluppo. E per questo, scelte per natura impulsive, in ragione del particolare periodo di vita dell’adolescente, potrebbero essere ulteriormente compromesse dall’assunzione di sostanze psicoattive e dallo sviluppo di disturbi comportamentali.
Si pensi alle conseguenze: l’alto numero di incidenti stradali che coinvolgono gli adolescenti, il tasso di omicidi e suicidi, la diffusione di malattie a trasmissione sessuale e così via. I dati in questione invitano a riflettere urgentemente sulle strategie di azione e prevenzione di comportamenti a rischio, a tutela degli adolescenti.
I motivi di questa vulnerabilità
Le unità funzionali del cervello, i neuroni, nel corso della vita cambiano. Si modificano i rapporti fra queste unità funzionali. Si creano nuovi collegamenti sinaptici. Nascono quindi nuove reti nervose, alla base dell’apprendimento e della memoria. Soprattutto durante la crescita. Le droghe tuttavia inibiscono la creazione di nuove reti e spingono verso comportamenti a rischio.
Le sostanze sono in grado di “sfoltire” questi legami sinaptici. Le comunicazioni in questo modo si impoveriscono. Perfino in quei soggetti giovani dotati di una buona neuroplasticità, perché a contatto con ambienti ricchi e stimolanti dal punto di vista affettivo, scolastico, sportivo, culturale, sociale e così via.
Perché i ragazzi crescano nel modo migliore possibile, la ricerca dovrà continuare a studiare i sistemi cerebrali, per capire quali siano più facilmente modellabili dall’ambiente e dalle esperienze individuali e in che arco di età questo avvenga. Ci sarebbero dei risvolti sociali e politici inoltre: chi pianifica la spesa pubblica dovrebbe avere a cuore queste tematiche.
Programmi di prevenzione e fattori di rischio
Dunque, i programmi di prevenzione sono finalizzati a ridurre l’impatto dei fattori di rischio. Cioè ad attutire il colpo delle circostanze che rendono più fragile e vulnerabile un ragazzo, in confronto ai suoi coetanei, e rispetto al rischio causato dallo sviluppo di dipendenze.
Alcuni fattori di rischio sono ascrivibili al contesto familiare. Un legame familiare debole e una guida genitoriale assente potrebbero condizionare il giovane verso questa scelta, per colmare vuoti esistenziali particolari.
Ma inoltre le compagnie e infine il contesto scolastico e territoriale in cui si inserisce la sua quotidianità potrebbe influenzare le scelte dell’adolescente, svolgendo un condizionamento importante a favore del consumo di sostanze.
Altri fattori ancora, invece, avrebbero un’origine individuale. Ragazzi aggressivi – oppure particolarmente introversi, al contrario – potrebbero essere maggiormente suscettibili al richiamo delle sostanze stupefacenti e più vulnerabili allo sviluppo di disturbi comportamentali. Il pericolo aumenterebbe in particolare per chi caratterialmente fosse alla continua ricerca di sensazioni forti e mostrasse inoltre difficoltà scolastiche.
Contesti protettivi
La probabilità aumenta se più fattori interagiscono sullo stesso ragazzo. Pur vivendo all’interno dello stesso contesto alcuni giovani risultano più resistenti al consumo di sostante (o sviluppo di disturbi comportamentali) rispetto ad altri loro coetanei.
Ciò presuppone l’esistenza di fattori di protezione. O attraverso una barriera esterna, che previene il contatto con il fattore di rischio. Oppure proteggendo l’individuo dall’interno. In quest’ultimo caso aumenta la capacità di sopportare le avversità della vita e le difficoltà derivanti da contesti familiari e ambientali che predispongono al rischio.
Alcuni di questi fattori protettivi includono autostima e fiducia in sé stessi. Ma anche la consapevolezza di avere obiettivi e aspirazioni future, la capacità di affrontare problemi e cambiamenti. Incidono gli hobby, le passioni, l’essere impegnati in attività sociali. Quindi avere interessi e talenti creativi (sport, canto, danza etc), essere consapevoli della propria capacità intellettuale, sapersi apprezzare, possedere un buon auto-controllo, avere a cuore le relazioni sono tutti fattori di prevenzione.
Contribuiscono inoltre i legami stabili con una o più figure adulte, l’affetto da parte dei familiari, la presenza di genitori dotati di un adeguato equilibrio tra dimensione affettiva, supporto, vigilanza e autorevolezza. L’importanza di una comunicazione sana delle aspettative altrui che non siano troppo elevate o troppo distanti dalle capacità o dalle aspirazioni dell’adolescente è un altro elemento fondamentale.
Addiction e privazione della libertà
La tossicodipendenza è una malattia subdola, causa di un lento e logorante deterioramento psicofisico. L’uso di sostanze psicoattive – ma in egual misura l’insorgenza di disturbi comportamentali – risponde al bisogno spasmodico del piacere, per colmare vuoti esistenziali e sociali. Spinge l’individuo alla gratificazione massima, per sperimentare la forza intensa delle emozioni.
Le dipendenze sono all’origine di una schiavitù. Costringono la persona a intensificare gli sforzi per ricercare l’oggetto del piacere e appagare quel bisogno, causando un progressivo allontanamento da sé e dagli altri.
E quanto più l’età delle prime assunzioni investirà le fasi della crescita in età adolescenziale, tanto più saranno minate le funzioni cognitive, la volontà e i processi decisionali. Ma inoltre le relazioni affettive e i rapporti sociali. Alcune funzioni psichiche di base si atrofizzeranno e altre, invece, verranno amplificate – come il craving – per concentrare ogni attenzione sul bisogno di consumare droga o soddisfare una particolare necessità compulsiva.
Molti giovani riescono a godersi la vita attraverso piaceri appaganti e non rischiosi. Eppure un parte di loro opta per quelle forme di piacere che inducono a sperimentare lacune sostanze d’abuso. Avvenuto questo contatto può accadere che alcuni desiderino riprovare l’esperienza sempre più spesso, fino a quando il desiderio si trasforma in bisogno.
A quel punto si innescherà un circolo vizioso caratteristico di ogni forma di dipendenza. Scienza, politica e società dovranno continuare a lavorare congiuntamente per fornire nuove risposte e soluzioni al problema delle dipendenze.
Ultime considerazioni
La trattazione sulle dipendenze ha posto l’accento su un aspetto non trascurabile. Non c’è colpa nello sviluppo di una addiction. Perché tutte le dipendenze – da sostanze e comportamentali – sono l’esito di una privazione delle libertà individuali e sociali dovuta all’insorgenza di una patologia. E mai a una scelta personale.
Anche i disturbi alimentari (DA), di cui si parlerà nel prossimo blog, sono malattie invalidanti, che influiscono sulla qualità della vita delle persone, molte di queste giovanissime.
I disturbi alimentari completeranno il racconto affrontato fino ad ora. In definitiva, continueremo a parlare di desideri irrefrenabili, ossessioni nei confronti del cibo, il peso e l’alimentazione in particolare. Il modo in cui questi comportamenti compromettono lo svolgimento delle attività quotidiane, corrodendo ogni energia e estirpando buona parte dello spazio mentale di chi ne soffre.
Come le dipendenze da sostanze psicoattive, anche i disturbi alimentari posso rilevarsi malattie subdole, lente, logoranti. Spesso invisibili, con una forte componente fortuita, indipendente dalla volontà dell’individuo. Ne parleremo nel prossimo blog.
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Maria Chiara Di Guardo – Prorettore all’innovazione e al territorio, Micaela Morelli - Prorettore alla ricerca e Roberta Vanni – Direttore del CESAR raccontano le dinamiche che hanno condotto alla realizzazione di un progetto crossmediale sulla terza missione dell’Università degli Studi di Cagliari.
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