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Piero Addis
Una prospettiva dall’alto della zona di coltivazione mostra la prevalenza del caratteristico colore blu del superfood.
Un’alimentazione sostenibile per l’ambiente e le popolazioni del futuro.
Nel corso della storia l’alimentazione ha subito modifiche costanti. In base ai luoghi in cui sono nate le civiltà, alle condizioni climatiche, ai ritmi di vita e lavoro di quelle popolazioni nell’arco del tempo, al grado di sviluppo della tecnica e dell’innovazione nella produzione di cibi differenti.
Ci sono state fasi in cui l’uomo ha dovuto adattarsi. Così l’organismo ha saputo reagire alla scarsità di risorse, riuscendo a trarre comunque i giusti nutrienti dai pochi alimenti presenti sul territorio, ottimizzandoli. Ogni epoca ha avuto i suoi ritmi, alimentazioni varie ed eterogenee tagliate su misura, ma alimentarsi è stata nel tempo anche una questione culturale, economica. Ancora oggi è così, come testimoniano le differenze fra la parte occidentale e quella orientale del Pianeta. Le abitudini dei paesi economicamente più sviluppati sono legate all’abbondanza e alla ricchezza di risorse. Esistono tuttavia aree geografiche in cui la denutrizione, la povertà e la scarsità di cibo rappresentano una piaga all’ordine del giorno. Questo è in sintesi il quadro cupo delineato dalla FAO: 124 milioni di persone al mondo si trovano in una situazione di grave insicurezza alimentare, a causa delle guerre, dei dissesti economici e sociali, dei disastri ambientali e delle conseguenze legate al cambiamento climatico. In altri termini, una porzione della popolazione non ha cibo a sufficienza e non è in grado di procurarselo per le proprie famiglie.
Verso l’innovazione alimentare.
La scienza e la tecnica hanno il compito di fornire soluzioni ai problemi sollevati dalla società, mettendo in moto la macchina del trasferimento tecnologico, a favore della crescita di un territorio.
È alla scienza che la società e la politica si affidano per escogitare nuove soluzioni in risposta a quesiti mai sciolti o risolti solo in parte, come l’emergenza alimentare. La FAO e l’ONU da decenni si interrogano sulle cause dell’estrema povertà di certe zone geografiche del mondo. Sono le guerre, le crisi politiche ed economiche, il cambiamento ambientale, l’innalzamento delle temperature, l’intervento antropico che ha reso inospitali certi luoghi del mondo.

Parlare delle cause tuttavia non significa arrestarsi alla loro considerazione. È necessario progettare soluzioni, disegnare scenari possibili e poi realizzabili per un inversione di rotta, per un miglioramento delle sorti delle popolazioni vessate dalle calamità.
La scienza e la tecnica dànno una risposta. Si ispirano alle pratiche antiche, veicolate dalla tradizione e le implementano sfruttando il progresso tecnologico attuale. Il risultato è un potenziamento delle risorse e una maggiore equità nella loro distribuzione. A consentirlo sono tecnologie all’avanguardia, come i fotobioreattori utilizzati nella produzione dei superfood – microalghe ma non solo – eletti come cibo del futuro sia dalla FAO che dall’ONU.
Allora, in che modo scienza e tecnica possono intervenire per generare innovazione soprattutto nel settore dell’alimentazione in contesti in cui le risorse sono scarse e limitate?
Dalla coltivazione atzeca ai fotobioreattori: come sono cambiati i processi di produzione della spirulina.
La spirulina è il cibo del futuro? Per il momento possiamo dire che non lo sostituirà ma si affiancherà alle diete diffuse nelle varie zone geografiche del mondo come integratore, per le sue proprietà multinutrizionali. Oggi sappiamo più nel dettaglio delle sue proprietà biochimiche. La spirulina ha un alto contenuto proteico, è ricca di betacarotene, vitamine – tra cui spicca la B12 – minerali fra cui ferro e rame e molti enzimi. Ma l’alga azzurra ha, inoltre, proprietà antibiotiche e studi scientifici hanno attestato un’azione antivirale.
Perfino gli Atzechi e i Maya ne conoscevano il grande valore e l’effetto curativo. Per loro era il cibo degli dei e molti erano gli utilizzi. Un tempo, veniva coltivata all’aperto in prossimità di zone d’acque dolci alcaline, ben illuminate e a temperature elevate. Questo tipo di coltivazione persiste tuttora in alcune zone del mondo, come l’America centrale e l’Africa.
Ma accanto alle pratiche più tradizionali, oggi se ne aggiungono di nuove, all’avanguardia, metodologie tecnologiche innovative che sfruttano le potenzialità dei fotobioreattori. In Sardegna è stato sviluppato in via sperimentale un sistema colturale all’interno della miniera della Carbosulcis che sfrutta la geotermia per garantire una temperatura costante dell’acqua durante tutto l’anno. Questi sistemi sono ottimali per la crescita di microrganismi come le microalghe, oggi di largo impiego non solo nell’alimentazione salutista occidentale ma, soprattutto, in quella dei paesi in via di sviluppo, come appunto dichiara la FAO.

Responsabilità precise: agire contro la fame, educare al risparmio.
Le vicende di Bruno e Lorenzo raccontano gli scenari di una società prostrata, ridotta alla difficile autosussistenza di un mondo privo di gran parte delle sue risorse soprattutto in conseguenza del cambiamento climatico. Nonno e nipote sono costretti ad adattarsi. Si ingegnano e cercano di ricavare il ricavabile da ciò che è presente. La spirulina, l’alga che commerciano nella stessa azienda è il prodotto che deriva da quest’arte del sapersi arrangiare con quel poco che c’è. La storia racconta sì uno scenario fantasioso ma riesce a porre l’accento sull’importanza di certe pratiche: il risparmio, il riutilizzo delle risorse, la parsimonia nel loro sfruttamento, l’ecosostenibilità, il rispetto dell’ambiente. Nella narrazione è ben chiaro: le risorse non sono infinite e tutto ciò di cui usufruiamo ha un costo in termini di risorse idriche, solari ed energetiche. Essere consapevoli del costo di ogni azione, delle sue conseguenze, dell’impatto che la produzione dei cibo con cui ci alimentiamo ha sulla salute dell’ambiente è il primo passo verso il cambiamento. L’uso e non lo spreco dunque, perché la vita delle future generazioni possa svolgersi all’insegna della giustizia e dell’equità per chiunque.
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Maria Chiara Di Guardo – Prorettore all’innovazione e al territorio, Micaela Morelli - Prorettore alla ricerca e Roberta Vanni – Direttore del CESAR raccontano le dinamiche che hanno condotto alla realizzazione di un progetto crossmediale sulla terza missione dell’Università degli Studi di Cagliari.
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C'è sempre qualcosa di affascinante dietro al cambiamento. Un percorso a ostacoli che parla del nostro futuro. Raccontarlo al mondo è la nostra missione.
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